giovedì 13 gennaio 2011

Dalla scura terra, il mio nuovo romanzo



Irlanda, in un prossimo futuro. Rinvenimento di due corpi avvinghiati nella morte, sprofondati nella torba. Una traccia della remota avventura di Olai e dei suoi guerrieri, venuti dal mare in cerca dello stagno per forgiare le loro temibili armi; approdati in una terra lontana dove una popolazione locale guidata da Dealgnaid, affascinante sacerdotessa della Grande Madre, cerca di difendersi dai terribili Fomor. Un filo doppio finisce per legare i destini di Thelma O’Connor e Gianni Mele, del nuragico Olai e di Dealgnaid in un rapporto che affonda negli angoli bui della storia, in un passato i cui echi vivono ancora nei miti celtici. Un passato che diviene attuale e pericoloso per i due scienziati: braccati da chi non ha nessun interesse che le loro scoperte siano portate all’attenzione del pubblico.
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L’Irlanda ebbe in sorte, unica fra le terre dell’Europa occidentale, una precoce cristianizzazione senza aver conosciuto l’appartenenza all’impero romano. Tra le conseguenze di questa peculiarità storica vi fu la possibilità di trascrivere, già a cura delle prime comunità monastiche, leggende pagane che furono riportate con lo scopo di armonizzare la cosmogonia gaelica e preceltica con la tradizione giudaico-cristiana, spesso in forma ingenuamente storicistica. Questa operazione di sincretismo culturale ci ha così tramandato un enorme patrimonio di miti pervenuti attraverso l’antica tradizione orale dei bardi, trasposti ad esempio nel Lebor Gabála Érenn ovvero Libro delle invasioni, testo dell’undicesimo secolo, o nel Chronicum Scotorum citato nel romanzo. Questo insieme corposo e variegato di narrazioni mitologiche riecheggia, in modo trasparente, l’arrivo di genti eterogenee nell’isola cassiteride.

Uno di questi popoli leggendari, di cui nel romanzo si narra una possibile mitopoiesi, riverbera con le immagini del mito il ricordo dell’arrivo in epoca pre-celtica di una popolazione di probabile origine mediterranea, e il suo scontro con un’altra oscura genia. La suggestione dell’incontro fra una delle più antiche e misteriose civiltà occidentali, quella nuragica, e la civilizzazione irlandese ctonia sottende il dispiegarsi della vicenda antica. D'altronde incontri e scontri di civiltà rappresentano la trama sottostante ai ricami epici di opere come l’Antico Testamento o l’Odissea, per rimanere nell’ambito di quanto diffusamente conosciuto. Proprio in quest’ultimo poema vengono riecheggiati possibili scambi con viaggiatori provenienti da latitudini boreali, consentendoci di porre in relazione due grandi universi mitologici; e permettendo di rivisitare il decimo libro omerico dal punto di vista degli abitanti della città di Lamo, quei Lestrigoni che etimologicamente sono stati immaginati come raccoglitori di pietre e di bottino, in bilico fra civiltà e pulsioni ancestrali.
Un prossimo futuro, inevitabilmente simile a noi per valori e spregiudicatezza, forse consentirà con le sue scoperte sia archeologiche che genetiche di ricondurre a concretezza storica le splendide suggestioni del mito. La vicenda di Schliemann e delle sue scoperte, osteggiate eppure vincenti, sta li a ricordarcene la possibilità.


1 commento:

  1. Dalla Scura Terra di Antonello Pellegrino:
    Perché questo libro è bello e importante!!!
    E’ con piacere che mi accingo a scrivere due cose su questo bel libro di un giovane scrittore-ingegnere-archeologo sardo, di cui ho apprezzato come una bella novità il primo romanzo di qualche tempo fa: “Bronzo”, che mi aveva profondamente colpito per il suo coraggio nell’affrontare con vigore e chiarezza di intenti e idee un periodo poco trattato e affrontato dai nostri autori soprattutto giovani, per l’appunto l’Età del Bronzo in Sardegna.
    A.P. l’aveva affrontato con un genere letterario non adatto ai dilettanti, il Romanzo-Storico, che presume non solo competenze di largo raggio e multidisciplinari, ma anche e non in secondo piano, capacità di scrittura notevoli.

    Ma torniamo all’assunto con cui ho titolato questo scritto: bello e importante!!!

    Viviamo in un periodo in cui la storia è sottovalutata, e continuamente riceviamo stimoli dai media per liberarci degli inutili fronzoli della nostra memoria personale e collettiva.
    Solo pochi illuminati “perdono” ancora il proprio tempo alla ricerca di risposte alle domande che soprattutto noi Sardi dovremmo farci ogni giorno, di fronte all’evidenza di una storia antichissima, ricchissima, e di cui abbiamo moltissimi resoconti e reperti, frammenti di una storia tutta da costruire e da scrivere.

    In questa esile possibilità si inserisce il nostro A.P., con le sue storie e i suoi personaggi, in modo asciutto e preciso, con una concisione rara negli scrittori sardi così portati ai fronzoli ed alle iperboli…
    Questa semplicità a me sembra stile e maturità, poiché la storia/le storie si sviluppano senza intoppi in un crescendo ben orchestrato e armonico. Nel parallelo sviluppo delle due storie ognuno può avere le sue preferenze, le sue passioni, le sue curiosità, e il nostro A.P. ogni tanto cerca la complicità del lettore, quasi a scusarsi di un passaggio forse un po’ di maniera, forse poco approfondito o non riuscito perfettamente, ma è l’assunto di base che a me lettore importa: questa grande epopea di un popolo che cerca se stesso contemporaneamente scrivendo il suo passato e il suo futuro, e la forma del romanzo non ci deve trarre in inganno, sollevandoci dalle nostre responsabilità di lettori, non dobbiamo farci mancare il coraggio di vedere oltre il nostro piccolo mondo isolano, così spesso sopravvalutato e edulcorato, la nostra storia avrà un senso molto più profondo e ricco, quando scopriremo le sue radici continentali ed europee.

    A.P. ha fatto un passo importante in questa direzione, non con un saggio universitario noioso e senza cuore, ma con un romanzo divertente e colto, astuto ed innocente, pieno di amore per i suoi personaggi; è mia speranza che qualche altro talentuoso scrittore voglia seguire queste tracce e mi sorprenda ancora con un bel libro sulla storia della mia gente.

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